Ho ancora nelle orecchie le canzoni del concerto di 8 giorni fa. Sono stata a Roma, al palazzo dello Sport dell'EUR a sentire Fabrizio Moro. Mi sono sentita un po' Alessandra e un po' eterna e molto figlia di nessuno, ancora nel pieno dei miei 21 anni senza voglia di crescere, un po' lontana e un po' vicina, in attesa che qualcuno mi porti via da quelle stupide paure che mi bloccano, con una dose di coraggio da tirare fuori, sogni che comportano scelte, la ricerca della pace interiore e tanto, tanto bisogno di credere... almeno finché vivo e ho sangue nelle vene.
Oggi, con ancora un po' di queste sensazioni appiccicate alla pelle, me ne sono andata a camminare in montagna, così, per la stessa ragione del viaggio: viaggiare.
Alla ricerca della pace, di un baricentro, di un respiro. Cercando di dare un senso a quella tachicardia che oggi non mi piace, perché non ha motivo: non è quella bella, legata a vicende, persone, attimi; e allora penso che forse è il cuore che vuole farmi sentire viva, o dirmi che ha bisogno di più spazio. Di andare. Di essere seguìto.
I sentieri portano in alto tenendoti i piedi per terra, conducono all'Infinito senza farti dimenticare di essere umano. I piedi camminano, i pensieri corrono. Ho un posto per me, ma dove? È un bene o un male quando senti che morire non fa più paura, ma soffrire sì? Come si fa a mettere l'infinito che hai dentro in una specie di barattolo per olive? Con Dio non parlavo bene bene da un po'. Da quando il suo silenzio prolungato era suonato un po' come "ma ràngess, che se non lo sai tu!", seguito da una sorta di lunga, lunghissima, caccia al tesoro, un indizio qua, un indizio là. Forse aveva un po' ragione, perché oggi mi è sembrato proprio di sentire la risposta. Ed era una domanda. Chiarissima. E io, all'improvviso, avevo la risposta pronta, a quella domanda. Prontissima.
Intanto la tachicardia non c'era più, sono tornata bradicardica, con i miei 50 bpm abituali. L' idea del bpm mi è piaciuta, è musicale: ho un'anima con un battereelevare con un tempo tutto suo. È ora di camminare su quel ritmo. Ovunque mi porti. Ovunque.
Oggi, con ancora un po' di queste sensazioni appiccicate alla pelle, me ne sono andata a camminare in montagna, così, per la stessa ragione del viaggio: viaggiare.
Alla ricerca della pace, di un baricentro, di un respiro. Cercando di dare un senso a quella tachicardia che oggi non mi piace, perché non ha motivo: non è quella bella, legata a vicende, persone, attimi; e allora penso che forse è il cuore che vuole farmi sentire viva, o dirmi che ha bisogno di più spazio. Di andare. Di essere seguìto.
I sentieri portano in alto tenendoti i piedi per terra, conducono all'Infinito senza farti dimenticare di essere umano. I piedi camminano, i pensieri corrono. Ho un posto per me, ma dove? È un bene o un male quando senti che morire non fa più paura, ma soffrire sì? Come si fa a mettere l'infinito che hai dentro in una specie di barattolo per olive? Con Dio non parlavo bene bene da un po'. Da quando il suo silenzio prolungato era suonato un po' come "ma ràngess, che se non lo sai tu!", seguito da una sorta di lunga, lunghissima, caccia al tesoro, un indizio qua, un indizio là. Forse aveva un po' ragione, perché oggi mi è sembrato proprio di sentire la risposta. Ed era una domanda. Chiarissima. E io, all'improvviso, avevo la risposta pronta, a quella domanda. Prontissima.
Intanto la tachicardia non c'era più, sono tornata bradicardica, con i miei 50 bpm abituali. L' idea del bpm mi è piaciuta, è musicale: ho un'anima con un battereelevare con un tempo tutto suo. È ora di camminare su quel ritmo. Ovunque mi porti. Ovunque.