Domani comincio l’ultima settimana dell’anno scolastico e poi inaugurerò quella che per ogni insegnante è la vera estate fuggendomene a Bologna per ascoltare un concerto che promette bene…
Nel formulare questo pensiero, però, mi sono resa conto che anche dieci giorni fa sono stata ad un concerto di cui non ho ancora scritto nulla e forse, considerato che aspettavo quel momento da… boh, un lustro e mezzo?, sarebbe il caso di raccontare qualcosina.
Tutto comincia concretamente poco più di due mesi fa, quando scorrendo le storie Instagram di Giovanni Caccamo scopro che di lì a un pugno di giorni sarebbe stato a Bellano per l’inaugurazione della mostra di pittura di Franco Battiato. Non conosco questo aspetto di Battiato, che m’incuriosisce, e soprattutto coltivo un paio di speranze: che Giovanni canti qualcosa e che ci sia il mezzo di fargli avere una copia del mio album. In realtà, conoscendomi, reputo più probabile la prima della seconda; tuttavia, giunta sul luogo del misfatto, il suo racconto su come si sia comportato da “stalker” a più riprese per far conoscere la propria musica mi dà quel briciolo di faccia tosta: nonostante mi senta ipnotizzata dopo avergli sentito cantare a cappella L’ombra della luce, al termine dell’evento esco e attendo. Riesco a dargli il cd e scambiamo qualche parola.
Torno a casa con l’impressione che si ha quando ci si alza da tavola per lasciare il posto libero ma si ha ancora fame. C’è qualcosa che emana da Giovanni, una sorta di luce che filtra, qualcosa che fatico a definire. Ricordo di avere nella lista dei desideri di Amazon Dialogo con mia madre, suo libro autobiografico. Due giorni dopo inizio la lettura dalla quarta di copertina: “Chiunque intraveda un bagliore nelle mie parole e nella mia musica, adesso ne potrà conoscere la provenienza”. Bagliore, luce. Bingo. Esiste. Il libro me lo bevo letteralmente, facendo orari improponibili per un paio di notti consecutive, poi passo a spulciare il calendario eventi, perché a maggior ragione sento la necessità di un concerto. Trovo una data, scrivo, chiedo informazioni, arriva una risposta gentilissima di certo Antos e seguendo il calendario de La Milanesiana riesco a procurarmi un biglietto: 15 giugno, Milano (che, senza offesa per alcuno, non è mai stata la mia città preferita…).
La serata è in un posto piccolo al Volvo Studio, cominciano gli scrittori Anne Boyer e Tahar Ben Jelloun e i medici Alberto Mantovani e Roberto Burioni, il tema “Intelligenza artificiale: la cura, la medicina, il futuro”. E le emozioni. Il concerto. C’è qualcosa, nel modo di esporsi di Giovanni Caccamo, che ne tratteggia lo spessore come artista e come uomo: quella luce, il sorriso emozionato, la voce mai spinta in modo eccessivo, il pianoforte che riempie lo spazio anche con pochi suoni, il rispetto con cui propone le cover.
Dicono che quando si perde la nozione del tempo è perché siamo pienamente assorbiti da ciò che viviamo. Aurora, Il cambiamento, Prede e predatori, Puoi fidarti di me, ma anche Emozioni e La cura. Mi sento un po’ più che assorbita, ho le orecchie, gli occhi e il cuore pieni di bellezza.
Quando finisce non ho voglia di perdere tutta quella bellezza nell’ansia di perdermi per Milano. Chiamo un taxi che mi riporti in albergo. Il tassista mi guarda dal retrovisore e deduce, dalla mia espressione, che io abbia trascorso una bella serata. Cielo, si vede pure! Mi sento lo zio Carillon, con le emozioni che si sentono fuori invece che starsene dentro!
Arrivo all’albergo, il tassista si accerta che io entri in sicurezza e mi augura la buonanotte. Ringrazio e gli auguro buon lavoro.
Non amo gli ascensori, salgo al quarto piano saltellando e canticchiando nella notte.
Giunta in camera, mi affaccio alla finestra che dà sulla strada, sul tram, sul traffico. La notte è afosa. Rumorosa e afosa.
Eppure, stanotte, trovo ci sia della bellezza anche in questa città.
Nel formulare questo pensiero, però, mi sono resa conto che anche dieci giorni fa sono stata ad un concerto di cui non ho ancora scritto nulla e forse, considerato che aspettavo quel momento da… boh, un lustro e mezzo?, sarebbe il caso di raccontare qualcosina.
Tutto comincia concretamente poco più di due mesi fa, quando scorrendo le storie Instagram di Giovanni Caccamo scopro che di lì a un pugno di giorni sarebbe stato a Bellano per l’inaugurazione della mostra di pittura di Franco Battiato. Non conosco questo aspetto di Battiato, che m’incuriosisce, e soprattutto coltivo un paio di speranze: che Giovanni canti qualcosa e che ci sia il mezzo di fargli avere una copia del mio album. In realtà, conoscendomi, reputo più probabile la prima della seconda; tuttavia, giunta sul luogo del misfatto, il suo racconto su come si sia comportato da “stalker” a più riprese per far conoscere la propria musica mi dà quel briciolo di faccia tosta: nonostante mi senta ipnotizzata dopo avergli sentito cantare a cappella L’ombra della luce, al termine dell’evento esco e attendo. Riesco a dargli il cd e scambiamo qualche parola.
Torno a casa con l’impressione che si ha quando ci si alza da tavola per lasciare il posto libero ma si ha ancora fame. C’è qualcosa che emana da Giovanni, una sorta di luce che filtra, qualcosa che fatico a definire. Ricordo di avere nella lista dei desideri di Amazon Dialogo con mia madre, suo libro autobiografico. Due giorni dopo inizio la lettura dalla quarta di copertina: “Chiunque intraveda un bagliore nelle mie parole e nella mia musica, adesso ne potrà conoscere la provenienza”. Bagliore, luce. Bingo. Esiste. Il libro me lo bevo letteralmente, facendo orari improponibili per un paio di notti consecutive, poi passo a spulciare il calendario eventi, perché a maggior ragione sento la necessità di un concerto. Trovo una data, scrivo, chiedo informazioni, arriva una risposta gentilissima di certo Antos e seguendo il calendario de La Milanesiana riesco a procurarmi un biglietto: 15 giugno, Milano (che, senza offesa per alcuno, non è mai stata la mia città preferita…).
La serata è in un posto piccolo al Volvo Studio, cominciano gli scrittori Anne Boyer e Tahar Ben Jelloun e i medici Alberto Mantovani e Roberto Burioni, il tema “Intelligenza artificiale: la cura, la medicina, il futuro”. E le emozioni. Il concerto. C’è qualcosa, nel modo di esporsi di Giovanni Caccamo, che ne tratteggia lo spessore come artista e come uomo: quella luce, il sorriso emozionato, la voce mai spinta in modo eccessivo, il pianoforte che riempie lo spazio anche con pochi suoni, il rispetto con cui propone le cover.
Dicono che quando si perde la nozione del tempo è perché siamo pienamente assorbiti da ciò che viviamo. Aurora, Il cambiamento, Prede e predatori, Puoi fidarti di me, ma anche Emozioni e La cura. Mi sento un po’ più che assorbita, ho le orecchie, gli occhi e il cuore pieni di bellezza.
Quando finisce non ho voglia di perdere tutta quella bellezza nell’ansia di perdermi per Milano. Chiamo un taxi che mi riporti in albergo. Il tassista mi guarda dal retrovisore e deduce, dalla mia espressione, che io abbia trascorso una bella serata. Cielo, si vede pure! Mi sento lo zio Carillon, con le emozioni che si sentono fuori invece che starsene dentro!
Arrivo all’albergo, il tassista si accerta che io entri in sicurezza e mi augura la buonanotte. Ringrazio e gli auguro buon lavoro.
Non amo gli ascensori, salgo al quarto piano saltellando e canticchiando nella notte.
Giunta in camera, mi affaccio alla finestra che dà sulla strada, sul tram, sul traffico. La notte è afosa. Rumorosa e afosa.
Eppure, stanotte, trovo ci sia della bellezza anche in questa città.